Seydou Sarr: il mare come sfida e salvezza: un viaggio di speranza sul grande schermo
Protagonista del film ‘Io Capitano’ di Matteo Garrone e vincitore del premio Mastroianni a Venezia come miglior emergente, l’attore senegalese esplora il valore del riscatto e della forza interiore in un percorso che tocca cinema, musica e denuncia sociale
“Sta arrivando, sta arrivando l’onda alta
Stiamo fermi, non si parla e non si salta”.
– Dalla canzone ‘Onda Alta’ di Dargen D’Amico
Così recita il drammatico ritornello dell’ultima fatica Sanremese di Dargen D’Amico, e va detto: proprio come un’onda alta, si è abbattuto sull’industria cinematografica internazionale il talento di Seydou Sarr, strepitoso protagonista del film di Matteo Garrone ‘Io Capitano’.
Vent’anni ed una carriera già brillante, Sarr è originario di Thiès, in Senegal, e si è imbattuto nella recitazione un po’ per caso, fra un allenamento di calcio e l’altro, tuttora sua più grande passione.
Sono state la sorella Khadidiatou e la madre, attrice di teatro, a incoraggiarlo a partecipare all’audizione per il film di Garrone, suo ufficiale debutto sul grande schermo che gli è valso il Premio Marcello Mastroianni alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia come miglior attore emergente e, insieme all’amico e compagno sul set Moustapha Fall, il Premio Biraghi durante i Nastri D’Argento 2024.
Proprio nel 2024 è tornato al Lido veneziano con un nuovo progetto, intitolato ‘Seydou: Il sogno non ha colore’, un documentario che ripercorre la storia di Sarr e il suo amore per il calcio – in cui viene toccata anche la possibilità di scendere in campo qui in Italia -, che parte dall’infanzia, ai tempi in cui giocava insieme al padre, fino ai giorni più recenti quando si è ritrovato, quasi casualmente, nei panni dell’attore protagonista di un film che lo ha addirittura portato ad Hollywood per la cerimonia degli Oscar.
Dopo l’enorme successo di ‘Io Capitano’, il ventenne ha partecipato anche a diversi programmi televisivi, primo fra tutti Le Iene durante il quale ha recitato un sentito monologo contro il razzismo e in difesa dei migranti: avendo preso parte al progetto di Garrone, sia Seydou che Moustapha continuano tutt’ora a farsi portavoce di chi ha subito la brutalità delle onde e della crudeltà umana, senza poter raccontare la propria storia. Entrambi si sono più volte esposti sul tema delle migrazioni, cercando di sensibilizzare i loro follower su questo argomento estremamente importante ed attuale, appellandosi a quell’umanità che in Italia è diventata un’opinione controversa.
Ma la vita di Seydou non è solo calcio e cinema: per ‘Io Capitano’, l’attore ha anche partecipato alla scrittura della colonna sonora assieme a Moustapha e al compositore Andrea Farri. Gli spettatori più fortunati hanno potuto assistere a delle vere e proprie performance musicali live dopo la proiezione del film, durante la sua distribuzione. Una delle canzoni originali è intitolata ‘Touki’, in italiano traducibile con “viaggio”: non solo richiama l’epopea che i due ragazzi affrontano nel film, ma anche il capolavoro senegalese ‘Touki Bouki’ (1973) del regista Djibril Diop Mambéty, in italiano riadattato come ‘Il Viaggio della Iena’, in cui i protagonisti sono sempre due giovani senegalesi in cerca di respiro e riscatto all’estero. A modo loro, entrambe le pellicole sono tragiche fiabe, ricche di immagini evocative e a tratti fantasy. ‘Io Capitano’ sembrerebbe quasi essere una moderna versione di ‘Pinocchio’, racconto per altro già affrontato da Garrone con l’adattamento che ha co-scritto, diretto e co-prodotto nel 2019; un bambino disubbidiente – la madre di Seydou nel film gli ordina infatti di non partire – intraprende un pericoloso viaggio per trovare la propria umanità, incontrando strani e loschi personaggi. Eppure, alla fine di ‘Io Capitano’, non vi è nessuna balena nella quale ritrovare la propria madre: Seydou è capitano del ventre metallico di un fatiscente barcone ripieno di persone, in fuga dalla miseria, dalla fame e dalla persecuzione.
Con questo film si è molto sentito parlare di una moderna Odissea, di un’Itaca nella quale si rischia di tornare: forse l’immagine più affascinante di ‘Io Capitano’ – nonché la più alta prova attoriale di Seydou – è il finale, quando un elicottero avvista i naufraghi e comincia ad ammarare, fra la gioia e gli strepiti di uomini, donne e bambini sfiniti dal viaggio. Ma il rumore delle pale rimane fuori campo, sospeso in aria, mentre il volto di Seydou, speranzoso e isterico al contempo, è inquadrato fino a che lo schermo non diventa nero. Forse il salvataggio non c’è stato. Forse l’elicottero non è disceso del tutto, ha solo avvertito la guardia costiera libica di venire a riprendersi il loro “pacco”.
Quando sappiamo che sul fondo del Mediterraneo si stende un infinito e sconcertante tappeto di esseri umani che stavano fuggendo in cerca di un futuro migliore, il lavoro di Seydou Sarr non è mai stato più importante, e va ben oltre la sua bravura come attore: i messaggi che trasmette e le testimonianze che porta, anche durante interviste e interventi, ci ricordano che il nostro mare dovrebbe soltanto riempirci di sgomento per la sua bellezza, non per le tragedie che custodisce.