Art

Mery Or Not ‘In Her Rooms’: una ricerca visuale sulla rappresentazione dell’intimità femminile

Un’immersione nella visione artistica di Maria Clara Macrì, che attraverso la fotografia spoglia il corpo nudo della donna dal giogo della sessualizzazione

Rinunciare alle sicurezze di un percorso di vita convenzionale, di un lavoro stabile, abbracciare la propria solitudine per viaggiare, inseguendo un progetto tanto appassionato quanto incerto, non è semplice. Ma per alcuni è ancora più difficile ignorare il proprio istinto, soffocare quel bisogno di conoscere, di ricercare, di scoprire e di fare maturare la propria arte a contatto con culture e ambienti differenti. Questo è il caso di Maria Clara Macrì, in arte Mery Or Not, classe’ 87 nata a Reggio Emilia, che ci ha profondamente ispirato raccontandoci la sua storia e la sua visione della figura femminile, del concetto di erotismo, attraverso le sue parole e la sua opera fotografica. 

Mentre conversiamo, riflettendo retrospettivamente su se stessa, Maria Clara si auto definisce una sorta di “outisder” fin da bambina. Da sempre animata da un’indole creativa, libera e fuori dagli schemi, la sua natura la porta ad affidarsi spesso alle proprie sensazioni e accanto alle sue inclinazioni personali sviluppa negli anni un interesse per le questioni politiche e sociali, con particolare attenzione alle rappresentazione storica e visiva del genere femminile. Dopo aver completato i suoi studi universitari in Storia del Mondo Contemporaneo a Bologna – periodo durante il quale si dedica anche alla pubblicazione di racconti – si trasferisce a Londra, dove vive un’esperienza difficile ma fondamentale per la sua futura carriera artistica. 

Maria Clara Macrì

“Quando sono arrivata a Londra avevo ventidue anni, a quell’età si soffre di un disagio causato dal volersi subito sentire realizzati e invece bisognerebbe avere pazienza. Se potessi parlare alla Mery di allora, con il senno di poi e l’esperienza accumulata, le direi resta, credici ancora un po’. Sono andata via da Londra perché non ne potevo più, stavo concentrando tutte le mie energie nel lavoro e nella vita notturna. Era un modo così malato di viversi quella meravigliosa metropoli che non mi permetteva di percepirla realmente. Sono entrata nel giro giusto solo nell’ultimo mese perché non lavoravo più e mi sono lanciata libera per Londra senza pensare. Alla fine lì ho capito quale era il mio posto e quali erano le persone che volevo conoscere e frequentare”.

– Maria Clara Macrì

È proprio qui che Maria Clara scopre quello che diventerà il suo mezzo artistico e di espressione principale negli anni a venire, la fotografia, che continuerà a coltivare nel suo periodo di nomadismo post londinese e a Napoli, dove si trasferisce per due anni. Per le strade della città partenopea inizia ad osservare e sperimentare con i primi soggetti femminili che vuole rappresentare attraverso la sua ricerca fotografica. L’appartamento in cui vive diventa lo studio in cui queste donne vengono ritratte e il progetto viene successivamente esposto al Festival Off di Fotografia Europea presso i Magazzini Fotografici di Napoli. 

Rosmarie, fotografata da Maria Clara Macrì
Iona, fotografata da Maria Clara Macrì

Dopo aver accumulato varie esperienze e collaborazioni nel settore, nel 2017 Mery torna nella sua città natale, dove continua l’attività e la ricerca visiva sulla rappresentazione femminile. L’anno successivo decide di ampliare il progetto includendo nella sua fotografia anche gli ambienti in cui le donne vivono la propria libertà: le loro stanze. Inizia inoltre a viaggiare il mondo per conoscere e immortalare persone di diverse culture. Il suo lavoro, raccolto nel primo libro ‘In Her Rooms’ pubblicato da Postcard Edizioni, riscuote un grande successo. I soggetti che Maria Clara seleziona per il progetto sono per lei strangers, ossia persone che non conosceva precedentemente. Quando entrava nelle loro stanze per fotografarle era la prima volta che le vedeva, non essendosi mai fatta inviare immagini anticipatorie. Durante gli shooting si muoveva affidandosi totalmente alla sua parte intuitiva ed empatica. La questione della luce era ogni volta un terno al lotto e anche le tempistiche erano personalizzate e differenti per ogni soggetto fotografato. Mery ci racconta che a volte quando entrava in una stanza alcune donne iniziavano a mettere in ordine, a togliere e spostare oggetti e vestiti. Lei le fermava subito, allarmata, perché il suo desiderio principale era proprio quello di immortalare anche la camera nella sua più fedele autenticità. Centrale, nello spazio intimo e abitato, è la figura femminile:

“Lo scopo di questo progetto è quello di mostrare una donna: una donna che viene dalla Terra, una donna sorella, una donna universale, una donna non in competizione, una donna non sessualizzata. Tutte queste sconosciute, che potevano benissimo essere la ragazza che ti abita affianco, venivano immortalate e osservate da un punto di vista differente. Volevo fornirne una versione inedita, mostrare una nuova ‘Lei’ che in realtà, però, c’è sempre stata”.

– Maria Clara Macrì

Fondamentale per comprendere il lavoro della fotografa è soffermarsi sul legame che secondo il suo pensiero intercorre tra corpo, nudità, erotismo e arte. Come ci spiega, tutte le limitazioni e le discriminazioni che la donna ha subito dall’inizio dei tempi son sempre state legate al suo sesso, inteso come apparato femminile. È quindi chiaro che la riappropriazione del proprio corpo, ridotto a oggetto sessualizzato, debba passare attraverso il corpo stesso. Per Maria Clara fotografare un corpo nudo è un atto politico, ed è una tradizione che il femminismo ha sempre messo in campo. Tutto ciò che viene discriminato, usurpato ed etichettato riguarda il corpo e gli esseri umani vittime di soprusi subiscono l’ingiustizia sul proprio. Noi siamo corpi politici e nella nudità non si cela nulla di sessuale.

“Un corpo nudo è semplicemente quello che siamo, non ci trovo nulla di pornografico ed è anzi diseducativo pensare che lo sia. Il nudo è sempre stato presente nel mondo dell’arte, io mi sono semplicemente inserita nella cosa più banale e antica che l’uomo abbia mai raffigurato”.

– Maria Clara Macrì

Purtroppo nell’era dei social la censura – da sempre privazione della libertà di espressione – non fa che alimentare l’idea di una nudità ad ogni costo pornografica e condannabile, nonostante per gli artisti che lavorano con il nudo costituisca una difficoltà sconcertante. Le regole della realtà virtuale risultano completamente inadatte ad accogliere le esigenze della rappresentazione artistica. 

“La censura è legata anche a fattori commerciali: Instagram deve fare arrivare le foto dappertutto e ci sono Paesi in cui la nudità non è assolutamente accettata, le leggi sono diverse e l’algoritmo lavora seguendo anche questi aspetti. Dal canto mio comunque, credo che le mie immagini non siano per niente offensive e che l’arte in qualche modo debba sempre disturbare, quindi per quanto sia avvilita da questi limiti mi va bene così. Purtroppo viviamo in un mondo dominato dalla pornografia, non c’è dubbio che il sesso e le perversioni siano parte fondamentale dell’essere umano ma esiste un concetto, quello di eros, che si distacca totalmente da questo ed è molto più legato a una sfera intellettuale, al pensiero, alla fisicità, alla conoscenza di se stessi. Per quanto riguarda la dimensione espressiva, l’arte e l’erotismo non sono separabili ma vivono l’uno dell’altro in qualche modo, o almeno per quello che faccio io. La donna stessa è inseparabile dall’eros che sprigiona e la creatività è, secondo il mio pensiero e la mia esperienza, molto legata all’energia sessuale. Ad esempio, attraverso una serie di studi e analisi ho capito che il periodo delle mestruazioni è per me il momento migliore per dedicarmi agli scatti, alla scrittura, alla riflessione. In quei giorni so che devo trasformare la mia energia interiore espellendola sotto forma di energia creativa, per non disperderla e anzi,  sfruttarla per realizzare qualcosa di buono”. 

– Maria Clara Macrì
Antoniette, fotografata da Maria Clara Macrì
Lee, fotografata da Maria Clara Macrì

Secondo la visione di Maria Clara è fondamentale per la donna riappropriarsi del proprio eros e questo significa riscoprire un erotismo personale e libero dalle aspettative, da sempre dettate da una prospettiva machista. L’intenzione finale di questa riappropriazione è quella di scardinare gli stereotipi di una visione patriarcale e illusoria: quelle mosse, smorfie, gesti che una donna fa per essere sensuale e che rappresentano l’erotismo che abbiamo visto passarci davanti per tutta la vita è nata da una visione degli uomini che non rispecchia, nella realtà, quello che le donne sentono e percepiscono. L’erotismo, in quanto legato al pensiero, è anche percepito dal fruitore dell’opera in modo soggettivo.

“Penso che l’erotismo possa essere percepito nelle mie foto a seconda del soggetto che le sta guardando. Queste possono risultare erotiche ma anche no. L’atto stesso di fotografare è un atto erotico ma mentre lo compivo non sentivo nessun tipo di attrazione verso i miei soggetti, nessuna carica sessuale. Sarebbe stato possibile, ma se fosse accaduto gli scatti sarebbero poi risultati sessualizzati. Il mio sguardo non è sessualizzante e quindi anche le persone che immortalo si sentono libere, vi è un erotismo intrinseco soltanto alla dimensione artistica”.

– Maria Clara Macrì

A quattro anni dalla sua nascita il progetto ‘In Her Rooms’ risulta ancora una creatura viva e aperta ad accogliere i cambiamenti di una società che sta progredendo verso una maggiore libertà di auto espressione, sia identitaria che sessuale. 

“Quel pronome ‘Her’, che definirei soffocante, si porta dietro oggettivazione e sessualizzazione. Il mio libro adesso è quasi vecchio perchè almeno cinque delle persone che avevo inserito ora sono in transizione, ma questo è assolutamete coerente per me. Io sono partita dalle donne perchè sono gli individui che sento più vicini ma i generi sessuali e umani si stanno ridefinendo. Questo è un processo lunghissimo e che avviene da sempre, eppure adesso sembra ci sia un po’ più libertà di espressione. 

Nella mia opera comunque ho voluto esaltare una donna che se ne fotte del sistema binario: buona parte di loro sono fluide, altre trans, una persona l’ho addirittura dovuta togliere dal libro perché nonostante le foto bellissime in quel ‘her’ non ci si sentiva più rappresentata. Ma è un problema che son contenta di aver tirato fuori e questo si percepisce anche dalla fisicità dei miei soggetti, c’è tanta ricerca dietro. Ultimamente mi arrivano numerose richieste anche da parte di ragazzi che desiderano essere fotografati e questo mi stimola molto perché penso che il concetto di liberare il corpo appartenga anche al mondo degli uomini, in qualche modo.”

– Maria Clara Macrì

‘In Her Rooms’ è stato un percorso totalizzante per la sua autrice, pieno di soddisfazioni ma anche lungo e ricco di sofferenze. Un progetto che ha cambiato la sua esistenza e che alla fine è diventato la sua vita, quell’ossessione su cui continua ad interrogarsi e attraverso cui si esprime, e che fa di lei un’artista.

“Il mio essere fuori dai canoni mi ha spesso fatto pensare che fossi inadeguata e addirittura, nei primi vent’anni della mia vita, ero sicura di essere sbagliata! Ho sempre saputo che non sarei funzionata normalmente all’interno della società con un lavoro che non mi rappresentasse e che non fosse adeguato a quello che volevo esprimere, però quando sono partita per il mio progetto ‘In Her Rooms’ ho avvertito un cambiamento. Da quel momento ho deciso che avrei dovuto solo credere in me stessa, in quello che avevo da dire. Così mi sono convinta che quello era ciò che dovevo fare, che non avrei più dovuto addomesticarmi per tentare di stare dentro al sistema in maniera normale, se esiste una normalità”.

– Maria Clara Macrì

La determinazione di seguire la propria vocazione interiore e i propri interessi artistici, politici e filosofici ha dato i suoi frutti. La celebre piattaforma Sky ha deciso di dedicare il quinto episodio della serie ‘Le Fotografe’ alle opere di questa artista. Inizialmente, ci racconta Maria Clara, temeva che l’energia originaria del progetto potesse essere alterata siccome gli scatti erano stati realizzati con un approccio di profonda intimità. Alla fine questo non è accaduto e, ad oggi, descrive questa esperienza con positività ed emozione. Nonostante le difficoltà emotive e personali, la storia di questo progetto e della sua autrice è la dimostrazione che a volte andare contro tutti credendo nella propria visione possa portare a una realizzazione delle aspirazioni e delle necessità interiori più urgenti e universali.

“La solitudine è parte fondamentale di quello che faccio e di quello che sono ma il mio mestiere, che è anche la mia passione, mi porta talmente tanto spesso a uno scambio con le persone che alla fine non sono mai realmente sola. Ho dovuto sicuramente costruire una relazione indipendente e forte con me stessa, questo è necessario quando viaggi da solo e tra l’altro sei l’unico a credere in quello che stai facendo. So che il mio progetto e la conseguente idea di partire, farmi ospitare da sconosciuti in giro per l’Italia per fotografarli e scriverne un libro, agli occhi delle altre persone pareva allucinante. Io però sentivo che il destino mi doveva guidare, ho avuto il coraggio di assumermi il rischio e penso che questo, alla fine, sia stato ripagato. Sapevo che dovevo lanciare un messaggio, era quello che volevo fare!”

– Maria Clara Macrì

About Author /

Carlotta Barbari nasce a Modena nel febbraio 1996. Si laurea, nel 2018, in Lettere Moderne presso l'Università di Bologna e nel 2021 consegue la laurea magistrale in Italianistica. Ha una profonda passione per la letteratura, associata ad un’interesse per la psicanalisi e per le scienze linguistiche. In lei convive un’inclinazione personale e professionale volta alla ricerca di un contatto con le diversità culturali: prosegue dunque gli studi nell’ambito della glottodidattica e dell’insegnamento linguistico rivolto agli stranieri.

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