Intervista ad Artem
Storia di un giovane attore fra talento e perseveranza
“Voglio continuare”. La cosa che colpisce di più parlando con Artem è la perseveranza nel raggiungere i suoi obiettivi e la voglia che ha di raccontarsi. Quelle due parole sono la sua risposta alla più generica delle nostre domande: “Che cosa ti aspetti dal futuro, che progetti hai?”.
Si riferisce a una carriera iniziata quasi per caso ma che ora non vuole più abbandonare, animato da un riscoperto istinto creativo.
Artem, nato in Ucraina all’inizio del millennio, ha imparato prima il napoletano che l’italiano e non ha mai goduto del lusso di poter sognare in grande. Quando gli abbiamo chiesto se si fosse mai immaginato questo presente così brillante ci risponde con un netto e sicuro no: “Al massimo sognavo di diventare un pugile”. Però, è anche fermamente convinto che il modo in cui un giovane sogna e immagina il suo futuro è determinante per come sarà la sua vita. Troppo facile accomodarsi e darsi per vinti.
È durante una casuale passeggiata di qualche anno fa che, notando uno street casting per la serie Gomorra, decide di fermarsi per farsi scattare qualche polaroid e lasciare il numero di telefono. Sarà proprio quel fortuito segmento di giornata a garantirgli, diverso tempo dopo, una parte nella banda protagonista dello splendido ‘La paranza dei bambini’ diretto da Claudio Giovannesi e tratto dal romanzo di Roberto Saviano. È bastata una foto e i tratti del volto giusti per la parte ma non solo, perché Artem, malgrado la modestia, gode di una innata naturalezza davanti alla macchina da presa.
“Dire una battuta è come sferrare un pugno nella boxe, è sempre un discorso di azione e reazione”.
– Artem
Non c’è niente di più vero e più istintivo, per un ragazzo che non aveva mai considerato l’idea di fare arte e animato dalla passione per la boxe, la stessa che lo ha portato a Londra prima che tutto questo iniziasse: “Il cinema, come la boxe, è una performance: all’inizio hai paura ma poi si trasforma in adrenalina. È tutto uno scambio” di energie“.
Parla con la naturalezza di chi si approccia alla materia senza sovra-costruzioni mentali, portando la realtà della sua vita all’interno della rappresentazione. In fondo, il ruolo ne ‘La paranza dei bambini’ così come quello nella fortunata fiction ‘Mare Fuori’, su Rai2 con la seconda stagione, attingono ad un universo criminale a cui Artem è stato, suo malgrado, attiguo fin da piccolo.
Ci rivela di essere un po’ stanco di ruoli duri e combattivi, di voler esplorare corde espressive diverse, lontane dall’aggressività di Tyson e di Pino O’Pazzo e da quella Napoli che l’ha cresciuto e saturato.
“A Londra stavo bene perché è una città egualitaria. È una città che ti consente di vestirti come vuoi, amare chi ti pare, essere quello che preferisci senza che tu debba rendere conto a nessuno“.
– Artem
E in fondo, non c’è niente di più simile alla recitazione: un lavoro anzi, una passione, che Artem è deciso a indagare fino in fondo, a trecentosessanta gradi, e che consente a chi la pratica di essere sempre qualcosa di diverso da sé stesso. Quest’anno Artem ha lavorato al cinema, in tv e ha anche fatto esperienza in Teatro con ‘Casting per un film dal Woyzeck’.
“Se il cinema è pittura il teatro è come la scultura, perché in video puoi sbagliare e rifare cento volte ma a teatro è tutto vero, è tutto lì e una volta anche hai scolpito una forma non puoi rifarla da capo”.
– Artem
Un’associazione lucida per un esordiente come lui, ad attestare la voglia famelica che ha di imparare e non fermarsi.
Continua dicendoci che quando si conclude un progetto, c’è sempre la paura di fermarsi e che finisca tutto lì. Gli chiediamo se questa paura del vuoto, di essere lasciati indietro, non sia un tratto disfunzionale tipico della sua generazione e lui risponde che il trucco è riconoscere la propria fortuna e lavorarci, perché “dopo un po’ la fortuna non basta più”.
“Sui social, è una continua esibizione di fortuna e cose belle e il male è escluso necessariamente. Non c’è verità” e per un individuo come Artem, che non sarebbe stata una persona molto social se non fosse per il suo lavoro, ricordarsi degli svantaggi da cui si proviene è utile per fare tesoro delle nuove opportunità.
Quel “Voglio continuare”, per Artem non è solo una risposta spontanea alla domanda di un intervistatore ma piuttosto una dichiarazione d’intenti – che dimostra come il riscatto sia possibile anche quando non sembra un’opzione – e di come la propria vita e il contesto in cui siamo nati – anche quando non ci soddisfa e ci risulta mediocre – può essere una risorsa umana e creativa infinita per il nostro futuro.