‘Ikaro’: l’editoriale
Esplorare la dualità tra natura e urbano in un progetto che fonde mito e realtà
Francesco Frizzera non è mai stato un artista prevedibile. La sua fotografia, nata nel cuore del Trentino, si è evoluta attraversando confini geografici e culturali, arricchendosi di esperienze in luoghi tanto distanti quanto affascinanti – dai boschi incontaminati delle sue valli alpine fino ai campi rigogliosi del Nicaragua e dello Zimbabwe. La sua capacità di fondere emozioni e paesaggio emerge in ogni progetto, portando lo spettatore in un viaggio visivo che esplora l’essenza dell’essere umano.
Dopo la sua prima apparizione su Not Yet Magazine nell’issue #0, in cui si era raccontato attraverso un articolo dedicato al suo percorso, Frizzera ritorna sulle nostre pagine con un nuovo editoriale che incarna la sua crescita e maturità artistica.
Questo nuovo progetto, intriso di simbolismo e bellezza eterea, vede la partecipazione dell’influencer e content creator Andrea Faccio, che si cala nei panni di una figura mitologica sospesa tra terra e cielo, uomo e natura. ‘Ikaro’ – questo è il nome del protagonista del servizio – rappresenta una creatura astrale condannata a vagare senza pace sulla Terra, un essere divino che lotta tra la sua essenza naturale e la condizione umana a cui è legato.
Il conflitto interiore di Ikaro si riflette visivamente in ogni scatto: anche quando isolato in uno spazio completamente asettico, il suo legame con la natura rimane indissolubile. Porta con sé la memoria del verde e del selvaggio, un ricordo che si scontra con il grigiore della società moderna. Questo contrasto, tra l’essenza organica e la freddezza urbana, viene magnificamente interpretato da Faccio, che attraverso il suo corpo e il suo sguardo trasmette la tensione costante tra l’io interiore e il mondo esterno.
La dualità tra natura e urbanità, centrale in questo progetto, è un tema che ricorre spesso nel lavoro di Frizzera. La città rappresenta non solo un ambiente fisico, ma anche una metafora delle costrizioni sociali e delle aspettative imposte dal mondo moderno. In contrasto, la natura simboleggia la libertà, l’autenticità e l’origine dell’essere umano. Il personaggio di Ikaro è diviso tra questi due mondi: da una parte la sua connessione innata con la natura lo richiama alle radici del suo essere, dall’altra la realtà urbana lo tiene intrappolato, impedendogli di ritornare alla sua vera essenza.
Frizzera gioca con questi concetti attraverso un uso sapiente della luce e del paesaggio. Le inquadrature sono studiate per enfatizzare la solitudine del personaggio anche quando è all’interno del suo stesso habitat: la fitta boscaglia mette in risalto il senso di alienazione di Ikaro; ma anche quando isolato, i dettagli naturali come i rami spuntati dalla sua pelle o le foglie che sembrano germogliare dal suo corpo, suggeriscono una speranza di ri-connessione con il mondo naturale. Questa unione tra umano e natura è una rappresentazione potente del desiderio di ritorno alle origini, un tema particolarmente rilevante nel contesto attuale in cui la sostenibilità e la salvaguardia ambientale sono al centro del dibattito globale.
L’interpretazione di Faccio, abbinata alla visione stilistica della talentuosa Chiara De Giorgi e alla progettazione visiva dell’art director che ha ideato il progetto, Emanuele Petrini – che si è anche occupato della creazione delle protesi vegetali -, arricchisce ulteriormente la narrazione visiva di Frizzera. Il make-up realizzato con maestria da Petrini, trasforma il corpo del protagonista in una sorta di metamorfosi continua: la pelle si fonde con la corteccia, le radici si intrecciano con i rami, in una rappresentazione visiva del legame tra uomo e natura.
Frizzera, come ha dimostrato nei suoi precedenti lavori, continua a portare avanti una ricerca autentica, tanto nei temi quanto nella tecnica fotografica. Questo progetto mostra una maturità diversa rispetto alle sue opere passate, frutto di una consapevolezza artistica sempre più affinata. Il fotografo non si limita a catturare l’immagine; crea un dialogo tra la figura umana e l’ambiente, esplorando la fragilità dell’esistenza e il potere evocativo del ricordo. La fotografia, per Frizzera, non è solo uno strumento di narrazione, ma una vera e propria riflessione sull’identità umana e sulle sue origini. Con il progetto ‘Ikaro’, Francesco Frizzera si conferma come un artista capace di utilizzare il mezzo fotografico non solo per esplorare concetti visivi ma anche per riflettere su questioni esistenziali più ampie. La figura del protagonista diventa un simbolo universale, rappresentando la condizione umana nella sua lotta costante per mantenere un equilibrio tra la propria essenza e le influenze esterne che cercano di definirla. Proprio come Ikaro, anche noi siamo esseri sospesi tra ciò che siamo e ciò che la società ci impone di essere, in costante ricerca di un ritorno alle nostre origini.
La luce, curata dalla sorella di Frizzera, Claudia, riveste un ruolo centrale in questo processo narrativo: le ombre e le sfumature di colore utilizzate contribuiscono a creare un’atmosfera sospesa, quasi onirica, che sottolinea la tensione tra il sogno di libertà di Ikaro e la sua prigionia urbana.
In una performance visiva che coinvolge un team di assistenti e tecnici talentuosi, tra cui il geniale hairstylist Alexander Franzjoseph, questo editoriale dimostra come la collaborazione tra diverse discipline possa solo che arricchire il linguaggio fotografico. Ogni elemento – dalla luce al trucco fino allo styling – si intreccia perfettamente per dare vita a una narrazione complessa e stratificata che ci invita a riflettere sulla nostra identità e sulle nostre radici.
Editorial: Not Yet Magazine
Editors: Max Brtl & Pit Brtl
Talent: Andrea Faccio
Photographer: Francesco Frizzera
Make Up & Designer: Emanuele Petrini
Stylist: Chiara De Giorgi
Hair Stylist: Alexander Franzjoseph
Photography Assistant: Claudia Frizzera
Styling Assistant: Tommaso Lenardi, Alessia Martella
Light Assistant: Matteo Bruseghini
Videomakers & Editing: Andrea Ascheri, Filippo Di Molfetta
Sound Design & Music: Nicolò Petrini