Art

Come guardiamo la natura: l’arte di Luca Boffi

Le installazioni che ridefiniscono il nostro modo di abitare gli spazi

Luca Boffi, in arte Alberonero, fa parte di quella lunga e variegata genealogia di artisti, capace di far dialogare le immagini con lo spazio, rendendole abitabili, esplorabili, trasformandole in un habitat.

“An artist and sometimes a farmer” (ovvero “Un artista e qualche volta un contadino”, si legge nell’epigrafico tagline del suo sito: due linee esistenziali ben evocate nelle sue opere di in cui geometrico e rurale, forma e natura, convivono creando immersive architetture an plain air

Nelle sue opere, l’ambiente naturale, boschivo, contadino, fluviale, diventa immagine dislocata nell’urbano, spazio selvaggio evocato nel qui e ora di chi guarda, immagine esplorabile ed esportabile, in cui il pubblico può entrare.

Luca Boffi, foto di Sirio Vanelli.

Le griglie e gli scheletri ariosi delle sue installazioni, spesso arricchiti da teli e pannelli di proiezione, giocando con trasparenza e leggerezza, sembrano miraggi, viatici, portali naturali in cui ridefinire il nostro modo di abitare gli spazi in cui si collocano: metropolitani, espositivi o naturali.

’18 mattoni di fango disposti a torre’ di Luca Boffi per la mostra collettiva ‘(OFF)SITE – The bond between Man and Nature’ presso la galleria Plateforme di Parigi.
‘Dinanzi casa un campo di grano’ di Luca Boffi, presso la Galleria Fumagalli di Milano. Foto di Lucrezia Roda.

Installazioni, performance, impacchettamenti in pieno stile Christo e Jean Claude, dislocazioni fotografiche volatili ed evanescenti, oppure fisiche e materiche come in ’18 mattoni di fango disposti a torre’, o come in ‘Dinanzi casa un campo di grano’, prato esposto in teca, come su tela, nel museo, in cui il grano si ribella ai perimetri umani e visivi della cornice, che Boffi ama riproporre nel dialogo con l’irregolare morfologia della natura.

Tra abitudini della Land Art e istanze debitrici dell’Arte povera anni ’70, attraverso le tecniche più diverse, Luca Boffi mette in discussione il panorama attraverso nuovi modi di guardare, creando una spazialità ambigua, bucolica e cittadina, selvaggia e rigorosa con scheletri architettonici esili ma severi, in cui far soccombere la spontanea conformazione dell’organico. 

Una ricerca evidente in opere come ‘Cosa vediamo’, in cui le usanze visive contemporanee e digitali si scontrano con orizzonti naturali ingovernabili.

‘Cosa vediamo’ di Luca Boffi per Zona Maco presso Casa Design Hunter a Città del Messico. Foto di Leandro Buzzlano.
‘Altro Paesaggio’ di Luca Boffi in collaborazione con Sirio Vanelli, alla Ritmo Gallery di Catania. Foto di Sirio Vanelli.

Ecco perché l’arte di Alberonero – che ha esposto al Santa Paula Art Museum, al Domaine de Boisbuchet, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, alla Triennale di Milano, vincendo nel 2022, la XI edizione dell’Italian Council con il progetto ‘Caro Campo. Diario di lavoro’ -, è un’arte profondamente ecologica: non tanto perché rispetta e valorizza la natura, ma perché rispetta e valorizza lo sguardo umano, detergendolo dal sovraccarico di immagini del presente.

L’artista Richard Serra diceva che, nelle sue opere, vuoto e oggetto finivano per diventare la stessa cosa.

Sembra che nelle opere di Luca Boffi riviva la stessa impalpabile ma immersiva attitudine alla scultura dello spazio, la costruzione di un nuovo modo di guardare quello che ci circonda da sempre.

‘Caro Campo. Diario di Lavoro’ di Luca Boffi.

Visivamente ecologico, perché interessato alla biologia di ciò che guardiamo, artisticamente radicale, perché indagatore delle radici dell’abitare il mondo, in un presente in cui lo sguardo sembra essere irrimediabilmente mediato, saturato, e distratto.

Un’opera che sembra sussurrare l’esigenza di un corpo a corpo perduto e immediato, quello tra individuo e natura, tra essere umano e mondo.

‘Campo Libero. Un posto dove provare’, opera di Luca Boffi per il Festival della filosofia, presso il Consorzio Creativo di Modena. Foto del Collettivo MaBo.

About Author /

Matteo Bonfiglioli nasce a Modena a metà anni novanta. Allo scoccare del millennio impara a scrivere e si innamora del cinema e del teatro. È proiezionista, recensore, monologhista e fruitore seriale di ogni tipo di narrazione. Laureato all’Accademia di Belle Arti di Bologna in Cinema, Fotografia e Televisione e diplomato all’Università IULM di Milano in Drammaturgia e Arti del Racconto, scrive su diverse riviste di Cinema e Cultura. Continua a studiare e amare la finzione che parla della realtà.

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