Come guardiamo la natura: l’arte di Luca Boffi
Le installazioni che ridefiniscono il nostro modo di abitare gli spazi
Luca Boffi, in arte Alberonero, fa parte di quella lunga e variegata genealogia di artisti, capace di far dialogare le immagini con lo spazio, rendendole abitabili, esplorabili, trasformandole in un habitat.
“An artist and sometimes a farmer” (ovvero “Un artista e qualche volta un contadino”, si legge nell’epigrafico tagline del suo sito: due linee esistenziali ben evocate nelle sue opere di in cui geometrico e rurale, forma e natura, convivono creando immersive architetture an plain air.
Nelle sue opere, l’ambiente naturale, boschivo, contadino, fluviale, diventa immagine dislocata nell’urbano, spazio selvaggio evocato nel qui e ora di chi guarda, immagine esplorabile ed esportabile, in cui il pubblico può entrare.

Le griglie e gli scheletri ariosi delle sue installazioni, spesso arricchiti da teli e pannelli di proiezione, giocando con trasparenza e leggerezza, sembrano miraggi, viatici, portali naturali in cui ridefinire il nostro modo di abitare gli spazi in cui si collocano: metropolitani, espositivi o naturali.


Installazioni, performance, impacchettamenti in pieno stile Christo e Jean Claude, dislocazioni fotografiche volatili ed evanescenti, oppure fisiche e materiche come in ’18 mattoni di fango disposti a torre’, o come in ‘Dinanzi casa un campo di grano’, prato esposto in teca, come su tela, nel museo, in cui il grano si ribella ai perimetri umani e visivi della cornice, che Boffi ama riproporre nel dialogo con l’irregolare morfologia della natura.
Tra abitudini della Land Art e istanze debitrici dell’Arte povera anni ’70, attraverso le tecniche più diverse, Luca Boffi mette in discussione il panorama attraverso nuovi modi di guardare, creando una spazialità ambigua, bucolica e cittadina, selvaggia e rigorosa con scheletri architettonici esili ma severi, in cui far soccombere la spontanea conformazione dell’organico.
Una ricerca evidente in opere come ‘Cosa vediamo’, in cui le usanze visive contemporanee e digitali si scontrano con orizzonti naturali ingovernabili.


Ecco perché l’arte di Alberonero – che ha esposto al Santa Paula Art Museum, al Domaine de Boisbuchet, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, alla Triennale di Milano, vincendo nel 2022, la XI edizione dell’Italian Council con il progetto ‘Caro Campo. Diario di lavoro’ -, è un’arte profondamente ecologica: non tanto perché rispetta e valorizza la natura, ma perché rispetta e valorizza lo sguardo umano, detergendolo dal sovraccarico di immagini del presente.
L’artista Richard Serra diceva che, nelle sue opere, vuoto e oggetto finivano per diventare la stessa cosa.
Sembra che nelle opere di Luca Boffi riviva la stessa impalpabile ma immersiva attitudine alla scultura dello spazio, la costruzione di un nuovo modo di guardare quello che ci circonda da sempre.




Visivamente ecologico, perché interessato alla biologia di ciò che guardiamo, artisticamente radicale, perché indagatore delle radici dell’abitare il mondo, in un presente in cui lo sguardo sembra essere irrimediabilmente mediato, saturato, e distratto.
Un’opera che sembra sussurrare l’esigenza di un corpo a corpo perduto e immediato, quello tra individuo e natura, tra essere umano e mondo.
