Bernardo Paoli: vivere meglio con la terapia breve

Lo psicologo ci spiega come “Riuscire a definire i propri obiettivi è il primo passo verso un cambiamento positivo”

In un mondo che corre veloce, riuscire a prendersi cura della propria mente non è scontato. Lo sa bene Bernardo Paoli, psicologo, psicoterapeuta, coach e formatore, nonché ideatore della Terapia Breve delle Esperienze di Equilibrio. Docente alla Scuola Holden, – oltre che in due master di Edulia Treccani – dove insegna per Holden Pro “Tecniche di cambiamento rapido”, “Psicologia del processo decisionale” e “Problem solving creativo”. Paoli è inoltre autore di diversi libri di saggistica e divulgazione scientifica; tra i più letti spiccano “La sottile arte di incasinarsi la vita” (Mondadori) e il “Manuale delle tecniche psicologiche” (Giunti). Abbiamo deciso di intervistare il rinomato professionista per poter esplorare il mondo della Terapia Breve e ottenerne una prospettiva approfondita. Nelle sue risposte, Paoli ha messo in luce la Terapia Breve come una metodologia focalizzata sugli obiettivi dei pazienti e sul ruolo dello psicoterapeuta che monitora costantemente il cambiamento fino a raggiungere i traguardi concordati.

Bernardo Paoli.

In occasione del nostro numero dedicato a una tematica così delicata e ampia come la salute mentale, Paoli ci offre il suo prezioso contributo parlando dei suoi libri, della continuità che c’è tra il ruolo di psicoterapeuta e quello di coach e formatore, di Terapia Breve in presenza e online.

Foto di Michael Bertolasi.

Preoccupandoci dei disagi giovanili, abbiamo inoltre cercato di esaminare con lui la tendenza delle ultime generazioni a cercare modelli di riferimento e di successo, sottolineando le criticità legate a idee come il guadagno facile, l’apparire costantemente e la notorietà fine a se stessa.

Lo psicoterapeuta ha anche analizzato il tema dell’isolamento legato all’uso massiccio di canali digitali e social network portando esempi come l’Islanda, dove un elevato numero di giovani soffre di questa condizione.

Infine, nel fornire consigli per un approccio più sano alla vita, Paoli ribadisce l’importanza della consapevolezza, di nutrirsi di relazioni umane e di definire il senso della propria esistenza.

Ci può spiegare cosa si intende per Terapia Breve? Come funziona questa metodologia con i pazienti?

In poche parole, si tratta di una psicoterapia orientata al goal-setting, agli obiettivi del paziente. All’inizio del percorso, si chiede alla persona di definire alcuni scopi da perseguire; poi, si monitora costantemente la situazione per capire quanto e in che modo serva lavorare ancora insieme fino al raggiungimento dei traguardi concordati.
Il cuore della Terapia Breve è l’efficienza: trovare il modo più semplice per raggiungere il massimo risultato, riducendo il più possibile i tempi e il numero di sedute: non una seduta più del necessario.
Ci sono diverse forme di Terapia Breve, le più diffuse sono quelle di origine americana che vengono anche definite terapie brevi contestuali. Durano in media dalle sei alle nove sedute; si tratta di una media e quindi, ovviamente, in caso di necessità si prosegue oltre.
Si usa il termine “contestuali” perché il cambiamento del paziente viene considerato alla luce della rete delle interazioni presenti nel contesto, così come delle risorse presenti non solo nell’individuo ma anche nell’ambiente circostante.

Sulla base della sua esperienza, l’alleanza terapeutica che si instaura tra psicologo e paziente può risentire di una psicoterapia svolta attraverso uno schermo?

Da un punto di vista scientifico possiamo affermare che non esiste alcuna differenza tra la psicoterapia in presenza e quella online: sono sovrapponibili. L’alleanza la si costruisce restando orientati sugli obiettivi del paziente. Per quanto mi riguarda, da prima della pandemia faccio psicoterapia esclusivamente a distanza, tranne per le sedute di ipnosi che faccio in presenza. È ovvio, si parla di qualcosa di molto personale, e capita di trovare persone che preferiscono le sedute in presenza; tuttavia, ho notato un grande dedizione – forse perfino maggiore – tra coloro che scelgono il metodo a distanza, perché non vogliono perdere tempo e cercano di andare dritti alle questioni essenziali.

Quali sono state le situazioni più difficili che si è trovato ad affrontare? 

Durante la carriera di uno psicoterapeuta si affrontato diverse situazioni complicate. Tra le più complesse che ho incontrato posso citare tendenze suicidarie, psicosi, paranoie, dipendenza affettiva, e i disturbi di personalità come il disturbo narcisistico della personalità. I pazienti che arrivano senza alcuna consapevolezza delle loro difficoltà, spesso, necessitano di un percorso più impegnativo degli altri.

Il disagio giovanile sta diventando un problema sociale sempre più diffuso, quali sono, a suo avviso le criticità maggiori?

Tra adolescenti e giovani adulti c’è una tendenza – del tutto fisiologica – a cercare degli esempi di riferimento, di successo. È bene allora interrogarsi sulle conseguenze di alcuni modelli particolarmente noti, che propongono come obiettivi il guadagno facile, il focus sull’apparire o la notorietà fine a se stessa.
L’altro aspetto critico è il progressivo isolamento. In Islanda, ad esempio – stato in cui viene monitorata con costanza la salute psicofisica degli abitanti – hanno riscontato un aumento sensibile dei livelli di ansia dopo il covid, probabilmente dovuto all’aumentare della mancanza di interazioni sociali, che in parte dipende anche dall’utilizzo sempre più massiccio di canali di comunicazione digitale e social network.

Tra i suoi libri c’è anche ‘La sottile arte di incasinarsi la vita’: quali sono le trappole che non ci fanno vivere bene e, appunto, ci incasinano la vita?  

Nel libro parlo di quaranta trappole, anche se, ne ho contate più di 300 e tutte tendono a incasinarci la vita. Tra tutte le possibili strategie inefficaci, sceglierei come esempio l’intermittenza, dovuta all’iniziare con buoni propositi, ma con obiettivi mal definiti, per poi accantonare rapidamente un progetto cambiando e modificando le azioni senza mai riuscire a portarle a termine.

Può dare ai nostri lettori tre consigli per approcciare in modo più sano la propria vita?

Rispondo a questa domanda con alcune citazioni.
Nel VI secolo a.C. Chilone di Sparta – uno dei Sette Sapienti – scriveva: “Conosci te stesso”, sottolineando l’importanza di approfondire quella che oggi potremmo definire la personalità, le inclinazioni psicologiche, le motivazioni e le priorità implicite che guidano le nostre scelte.
Sempre Chilone offriva qualche consiglio a proposito anche di relazioni: “Accorri lentamente ai pranzi degli amici e velocemente alle loro sventure”, sottolineando come sia più importante nutrirsi del valore umano delle relazioni, rispetto ai benefici materiali che se ne possono ricavare.
Il terzo e ultimo consiglio viene da Viktor Frankl e fa riferimento al senso della vita. Parafrasando le sue parole: conoscere e definire il proprio compito esistenziale, il senso della propria vita, è quanto di più adatto ci possa essere per riuscire vincere ogni difficoltà.

Foto di Michael Bertolasi.

Come riesce a conciliare il ruolo di psicoterapeuta e quello di coach e formatore?

C’è una profonda continuità tra il ruolo di psicoterapeuta e quello di coach: quando si parla di coaching come termine generale, infatti, si intende una pratica psicologica finalizzata ad attivare risorse per raggiungere specifici obiettivi di benessere psicologico: un mix di terapia breve, ipnosi, terapie espressive e psicologia positiva.

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Gilda Cacciapuoti nasce a Modena nel 2004. Diplomatasi al Liceo delle Scienze Umane, attualmente frequenta l’Università di Bologna di Scienze della comunicazione. Fin dall’infanzia dimostra una grande passione per la scrittura, la musica, la moda, lo sport, la cronaca, ma soprattutto, per tutto quello che riguarda il giornalismo. Attualmente scrive per Not Yet Magazine e collabora con il Resto del Carlino di Modena.

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