Animali della catastrofe: il cinema di Sofia Alaoui
La regista franco-marocchina che, attraverso la figura dell’animale sospesa tra ruralità e science fiction, indaga il destino apocalittico della società contemporanea
C’è una costante nella filmografia della regista e sceneggiatrice franco-marocchina Sofia Alaoui: l’uso narrativo degli animali in senso apocalittico, finale.
Nei suoi film gli animali non sono mai una vera e propria “minaccia” bestiale od orrorifica, come in ‘The Witch’ di Robert Eggers, nè pensati come spunto amicale o infantile, come in ‘Babe, maialino coraggioso’, ‘Dottor Dolittle’ e un massiccio gruppo di cartoni animati cari ai millenials.
Gli animali come monito, appaiono, nelle opere dell’autrice, come segnale ultimo che il biologico offre all’essere umano.
Uno sguardo silente, pronto a svelarsi, farsi scadenza definitiva di un sistema che si è spinto troppo oltre le sue possibilità.

‘Oujia’ di Bong Joon o ‘Il Regno Animale’ di Thomas Cailley, e il bressoniano ‘EO’ di Jerzy Skolimowski, sono solo alcuni degli innumerevoli titoli degli ultimi anni che adoperano l’orizzonte faunistico come elemento narrativo di urgenza, come viatico di giudizio sui tempi e quindi anche sul problema ambientale: un tema che nei cortometraggi e nel lungometraggio di Sofia Alaoui, è solo uno delle tante storture di un’epoca ammorbata da dinamiche di profitto capitaliste, di una contemporaneità sull’orlo della catastrofe.


Ecco perché i suoi racconti distopici sono tanto realistici da sembrare prossimi, vicini all’orizzonte contemporaneo.
Il disastro, nella sua opera, attende, con sembianze sci-fi, accanto al qui e ora della società, celata nell’abitudinario e nel rurale.
Nel suo primo cortometraggio ‘Cosa importa se le bestie muoiono’ (‘So What If the Goats Die’), un giovane pastore intento a setacciare le montagne dell’Atlante per trovare del cibo per il suo bestiame, si imbatte in un’esperienza ultra-terrena.
Il corto, Gran Premio della Giuria al Sundance Film Festival nel 2020 e Premio César per il miglior cortometraggio di finzione nel 2021, è stato poi adattato nel lungometraggio ‘Animalia’, presentato in anteprima al Sundance nel 2023 e vincitore del Premio Speciale della Giuria: un titolo politicamente densissimo, in cui il regno animale è simbolico di un pericolo nascosto, alieno eppure rurale, straordinario eppure così abitudinario, in continuo bilico tra perturbante e naturalistico, tra sovrannaturale e reale.
Nata a Casablanca e trasferitasi in Francia per studiare cinema, Sofia Aloui sta lavorando alla serie ‘Let the Earth burn’ e al thriller, anche questo apocalittico, ‘Tarfaya’, ambientato nel deserto marocchino, suo primo film in lingua inglese.
Guardando i suoi titoli, sembra quasi che anche lei, come tanti della nuova generazione di autori e di autrici, non possa far altro che raccontare l’inevitabile e non ignorabile sentimento di fine che attraversa un’intera generazione: l’apocalisse nascosta nelle cose di tutti i giorni.