Andrea Menata: l’illustrazione che si muove tra profondità e ironia
Un solo punto di vista che regala mille spunti sulla vita scoperta nei suoi dettagli
Uno sguardo irriverente e cinico contraddistingue le illustrazioni di Andrea Cacucciolo, in arte, Andrea Menata. L’artista, conosciuto anche con il soprannome di A.Men, nasce a Bari nel 1997 e, fin dalla prima infanzia, matura un grande amore per il disegno. Soltanto negli ultimi anni dell’adolescenza, scosso e impotente davanti al suicidio di un abitante del palazzo in cui vive, sente che è arrivato il momento di dare voce alle proprie emozioni attraverso il fumetto e l’illustrazione.
Ai lavori da fumettista affianca, infatti, quelli da illustratore, sia per progetti personali che come collaboratore per riviste o progetti online ed indipendenti – tra i quali The Puglieser, Farma 282, InternoVerde, Tonczine – nei quali è possibile ritrovare in forma simbolica gli stessi elementi poetici presenti nelle sue narrazioni a fumetti.
Andrea racconta i dettagli di una vita cruda, impregnata dell’odore stantio di sigarette rollate spente nel posacenere e pomeriggi passati in chiacchiere con gli amici: il riflesso delle giornate spese tra Bari e Bologna, dove ha studiato cinema al Dams ed Illustrazione per l’editoria in Accademia di Belle Arti.
Quello di Menata è uno stile eclettico che, influenzato da esperienze intense, spazia tra i riferimenti più disparati. Non è difficile, scorrendo la sua pagina Instagram, perdersi in un fiume di disegni la cui varietà tematica ne renderebbe difficile l’attribuzione ad una stessa mano, se non fosse per una riconoscibilità stilistica via via sempre più identificabile. L’artista sembra attribuire ad ogni narrazione un proprio universo stilistico, spaziando con eccletticità da un tratto talvolta equilibrato e pulito nelle geometrie, e a volte più spontaneo, quasi abbozzato, fino al minimalismo di alcune opere, come ad esempio la vignetta ‘Direzioni’ in cui, a partire dalla forma della freccia, avvia una riflessione figurativa e giocosa dal respiro esistenziale. Anche i contenuti vanno da dialoghi a cuore aperto tra amici o amanti fino a flussi di pensiero profondi, passando per le critiche taglienti a situazioni sociali o private, spesso accompagnate da commenti anticonformisti, irriverenti, stizziti.
Tra gli innumerevoli progetti, nella carriera di Andrea spiccano le ‘Carte Altrovetane’, ideate nel 2017 e rifinite negli anni successivi.
“Le ‘Carte Altrovetane’ – spiega Menata – sono un mazzo di carte da gioco che reinterpreta il concetto di Carte Napoletane. Innanzi tutto, non provengono da Napoli, ma da un altro posto: letteralmente da Altrove. Il principio di gioco è lo stesso delle Napoletane, ma ogni carta si pregia di un’illustrazione unica, ispirata dalla combinazione di numero e seme: l’insieme di questi disegni compone l’esperienza di un “altrove” che, a guardare bene, si nasconde in una dimensione che ben conosciamo, all’incontro tra vizio e piacere“.
– Andrea Menata
Menata mostra una dose ingente di creatività e una curiosità sfaccettata.
Tra tutte le doti, tuttavia, emerge la consapevolezza di sé, che per l’artista è veleno e medicina, nonché culla fertile di vignette frizzanti, ironiche, simboliche, dove sono raccontate insicurezze e insuccessi meditati fino a raschiarne il fondo.
Appuntamento annuale fisso sono i suoi ‘Buoni propositi per il nuovo anno’ in cui, attraverso l’elencazione di pratiche idealmente positive da perseguire durante l’anno appena iniziato, interpreta in maniera ironica lo zeitgeist di quel periodo.
Influenzato dalle numerose amicizie iberiche e latinoamericane, utilizza spesso la lingua spagnola per adattare pezzi di musica spagnola, Reggaeton o sudamericana, riuscendone a stratificare il senso attraverso le immagini disegnate, come nella vignetta ‘Los Angeles’.
Particolarmente riusciti sembrano anche gli adattamenti di canzoni italiane come quello de ‘L’immensità’ di Andrea Laszlo de Simone, in cui utilizza i personaggi più celebri dei Simpson.
Attraverso la sua scrittura dissacrante, racconta ad episodi su Instagram la vita del povero Giacomino, un bambino di soli 7 anni che vuole a tutti i costi fumarsi una canna attraverso il ciclo ‘Insegnare le canne ai bambini’, le cui avventure complete saranno prossimamente raccolte in un volume autoprodotto, che vorrebbe sovvertire il carattere pedagogico e bonario dei classici libri per l’infanzia, sulla scia di un’altra sua opera meno recente ‘Magdalena, mi Chiquita!’, in cui la protagonista è una banana innamorata di una ragazzina.
I bambini rappresentati da Menata sono scorretti, diseducati, vivono già un’affettività romantica e, soprattutto, si drogano: sono in grado di esperire il desiderio proprio come “noi adulti”, ma attraversandolo in una maniera “pura” e priva di pudicizia o condizionamenti sociali, un po’ come la Bella Baxter del recentissimo film ‘Povere Creature!’ di Yorgos Lanthimos.
Dichiaratamente spaventato dal futuro, Menata condivide pensieri e creazioni con immediatezza, ma cura anche la realizzazione di storie brevi o lunghe per riviste o case editrici. Per la rivista indipendente Ratpark ha recentemente realizzato un racconto di 15 pagine dal titolo ‘Mondocane!’, dove immagina e descrive un futuro in cui va proprio tutto bene, ma uno strano ronzio continua ad attraversare le esistenze degli esseri umani.
L’infanzia torna ad essere un terreno ricco di ispirazione per l’artista barese in ‘Dimmi che mi vuoi bene’, storia breve realizzata per SputnikPress: un bambino viene preso a sculacciate dalla madre dopo una serata passata tra amici, e attraverso questo espediente disvela una ad una le reciproche marachelle, e mostra come i dispetti dei bambini non siano altro che la versione giocosa delle perversioni dei loro genitori.
Tra i lavori lunghi più recenti è degno di attenzione ‘Siesta’, opera della quale ha realizzato il primo volume e sta curando la realizzazione del secondo. Per Menata in questa creazione si raccolgono le “ispirazioni surrealiste e metafisiche, il lungo sonno della ragione, lo stadio liminale, l’Interregno della mia generazione”. Anche in questa raccolta, Menata non esaurisce la sua foga di raccontare la vita e, per fortuna, neanche la necessità di farlo onestamente.