Matteo Piacenti, una fotografia senza filtri che svela l’unicità dell’individuo
Dall’esplorazione personale all’espressione artistica il fotografo affronta vita, riflessioni ed interiorità attraverso le sue opere
Come la metamorfosi di una farfalla che sente la vita attraversarla e sospesa crea le ali per viverla, così l’uomo contemporaneo decide di involvere, spogliandosi per tornare nella sua larva. Ricostruisce e rammenda i suoi solchi, le sue increspature per avere nuova linfa e nuove forme.
Consapevole della singolarità d’innanzi a tale mutazione, l’artista Matteo Piacenti attraverso le sue fotografie, esprime la volontà di molti di una rigenerazione. Forse come egli stesso afferma nella sua prima raccolta ‘RiMEMBRA’, pubblicata nel 2021:
“Ci vogliono vent’anni a morire per potersi partorire”.
– Matteo Piacenti
La ricerca di Piacenti, autore multidisciplinare, che utilizza la fotografia, scultura, performance come linguaggi espressivi, si basa sull’analisi dell’individuo in relazione alla società. Ricerca intima e connessa alla sua esperienza, che all’età di quattordici anni gli ha dato la possibilità ed il privilegio di frequentare Dario Fo, premio Nobel per la letteratura. L’incontro e le conversazioni intercorse con Fo, sono state uno stimolo per il giovane che ha trovato espressione e curiosità nel mondo della fotografia, tanto da portarlo ad acquistare una reflex ed iniziare a documentare la sua vastità interiore, attraverso il mondo che lo circonda. Nello stesso tempo, si diploma al liceo artistico e si iscrive al corso di scultura dell’Accademia di Belle Arti a Bologna, lasciandolo dopo breve tempo per dedicarsi completamente alla sua ricerca artistica.
Durante questo percorso, scopre la sua omosessualità che porta l’obiettivo della sua macchina fotografica dritto verso il suo cuore e la sua anima. I ragazzi diventano i protagonisti indiscussi delle immagini che crea: metaforicamente, attraverso i ritratti che mette in scena rende l’osservatore testimone della grande rivoluzione psicologica che accompagna la nostra era. Il sentirsi accolti dall’esterno per trovare pace all’interno non è più il mantra delle nuove generazioni, che amano invece riscoprirsi, accogliersi e poi mostrarsi per la grande luce e bellezza, che, se coltivata, possono infonderci.
Davanti alle fotografie di Piacenti, si prova timidezza, in quanto tange e attraversa la profonda fragilità dell’essere umano ed in silenzio si osserva quel tumulto che anche noi proviamo. A partire dal 2015, con la sua prima mostra personale dal titolo ‘Primi Impatti’ a Nepi, si sono susseguite esposizioni significative in Italia e all’estero che ad oggi lo collocano tra i giovani autori più promettenti. Le sue opere si trovano in rinomate collezioni istituzionali e private.
Nel 2022 organizza a Bologna una performance di otto ore consecutive coinvolgendo più di cento persone disposte a farsi fotografare nude. In quell’occasione prende forma l’idea che porterà alla mostra ‘Nel giardino dei corpi svelati’, dove ad esprimersi è l’urgenza nel desiderio di autenticità, nel contatto, dove la fisicità è l’agente empatizzante verso un senso reciproco di riconoscimento. La manifestazione di un diritto quello di rivelarsi e ad essere percepiti oltre il dominio delle apparenze che incontra nel corpo il veicolo legittimo di autodeterminazione e riappropriazione di sé.
In pochi anni, l’archivio di Matteo Piacenti conta circa 250.000 scatti e più di 300 ragazzi fotografati nelle loro camere da letto. Qui, la figura umana, soggetto imperituro, mai passivo ed inconsapevole, è sembianza dell’involucro che ognuno di noi gli attribuisce, forse testimonianza di una società dove prima di lottare contro il mondo si decide di affrontare sé stessi.