Tradizione e progresso: due facce della stessa medaglia racchiuse nella poetica di Enea Colombi
Il regista piacentino si racconta, delineando l’immaginario che lo ispira nella vita e nell’arte, e presenta il suo debutto cinematografico con ‘Il Giorno Dopo’
Enea Colombi incarna perfettamente quel sistema dialettico che oppone tradizionalmente provincia e città, favola e scienza, tradizione e progresso. Nato nel 1997 in provincia di Piacenza, inizia da giovanissimo la sua fruttuosa carriera come regista, partendo da autodidatta e arrivando a collaborare con brand internazionali quali Zara e Magnum. Fin da piccolo capisce che la provincia gli sta stretta, e a soli diciotto anni si lancia nel caos vitale di Milano, laureandosi presso la IULM. Da qui in poi intraprende un percorso ricco e variegato, coronato da innumerevoli video musicali realizzati per alcuni degli artisti più influenti del panorama italiano tra cui Elodie, Mr. Rain, Irama e Annalisa, solo per menzionarne alcuni, e da riconoscimenti importanti come il Young Director Award a Cannes nel 2022, il Premio Best Pop Newcomer all’UK Music Video Awards per ‘Mare di guai’, videoclip diretto per l’artista Ariete e prodotto da Borotalco, e il Premio Miglior videoclip Pop al Videoclip Italia Awards con ‘Ovunque Sarai’ di Irama.
“Faccio questo lavoro da tantissimo tempo, ho iniziato a quattordici anni. Lo considero un vero e proprio compagno di vita, con cui spesso e volentieri mi confronto anche per psicanalizzarmi. Tutto ciò che racconto riguarda l’’ambiente che vivo e che mi circonda. Mi limito a quello che sono autorizzato a narrare“.
– Enea Colombi
Enea è un artista curioso, capace di cogliere vividamente le ultime tendenze e di raccontare la sua attualità con grandissimo dinamismo, senza mai sbilanciarsi. Sapersi osservare è certamente un tassello imprescindibile per chiunque, ma trovare il coraggio di raccontarsi non è da tutti. E questo giovane artista lo sa fin troppo bene, e i suoi lavori sono un rendiconto degli innumerevoli stimoli che raccoglie quotidianamente.In poche parole: è stato tanto bello quanto devastante.
“Il mio lavoro è diviso in tre: c’è una parte videomusicale, una pubblicitaria e una cinematografica. Sono quindi tanti stimoli, tutti diversi tra loro, ma che lavorano sinergicamente. Trovo soprattutto interessante partire da progetti dove mi viene data carta bianca, che mi consentono di cogliere appieno ciò che mi colpisce e di svilupparlo nel modo più personale possibile. È certamente spaventoso dover riempire una tela vuota, perché servono le idee giuste al momento giusto; ma allo stesso tempo è un’opportunità che mi affascina e mi invita a trovare nuove vie“.
– Enea Colombi
Il suo stile è sinestesico, misterioso, contemplativo e dinamico, fatto di una rara attenzione alla componente più strettamente artigianale del lavoro. Dai costumi, alla recitazione, alla scelta delle location: tutto passa attraverso il filtro di uno studio ossessivo. La sua poetica si basa su una costruzione estremamente sensibile degli attimi, la cui forza è proprio la frammentarietà, come se si trattasse di un ricordo nostalgico. Tutto sembra dunque essere in un perfetto equilibrio, come il caos dei suoi personaggi quando entra in contatto con la natura.
“Dopo la pandemia ho fatto ritorno alla mia provincia, e l’ho rivista con occhi diversi. Mi ero accorto di essermi riavvicinato alla terra, che un tempo avevo abbandonato per seguire i miei progetti. Credo molto in un rapporto tra giovani e Natura, anche professionalmente parlando: quando sono lontano da Milano il mio cervello funziona meglio ed è meno inquinato“.
– Enea Colombi
I cambiamenti, la crescita personale non sono un motivo di distacco, ma al contrario di profonda comprensione del passato: il percorso esplorativo e professionale è dunque un modo per ritrovarsi nel mondo, secondo le proprie logiche. Per questo, in tutti i suoi lavori, Enea ha scelto di raccontare la sua generazione e il modo in cui essa si rapporta alla Natura e agli spazi incontaminati. Così, come nelle collaborazioni con Vibram e Zara-Athletics, vediamo giovani che si muovono spasmodicamente, che bramano di ritrovare la propria via maestra.
Si tratta di una ricongiunzione primordiale con la Terra, come accade nel video di ‘Carlito’s Way’, canzone di Tropico. E non a caso nel music video di ‘Mare di guai’, famoso brano sanremese di Ariete, gli spazi urbani sono spigolosi, estenuanti; prosciugano le energie e riducono lo spirito a un corpo sospeso tra immobilismo e azioni illogiche. Quindi, sempre nel segno di un preciso dualismo, a un desiderio quasi febbrile fa da contrappeso la malinconia delle cose vissute: il dolore si rigenera così nelle forme di Madre Natura.
“Credo che per capire la gioventù che ritraggo basti una parola: malinconia. È un sentimento che si riferisce agli attimi trascorsi, alle cose passate, ma anche a quelle cose che avrei voluto vivere. Il mio lavoro mi ha sempre ossessionato, spesso costringendomi ad allontanarmi da una certa socialità. Voglio quindi ricostruire una gioventù che tenga conto di tutti e due questi versi: così da un lato c’è l’idillio bucolico e dall’altro l’oscurità ottenebrante della mia regione“.
– Enea Colombi
Su questi elementi e tematiche riflette anche ‘Il Giorno Dopo’, primo cortometraggio del regista piacentino presentato al Rome Independent Film Festival.
“Ho deciso di raccontare una realtà che è attuale ma anche surreale, sempre condita da un certo distacco idealistico. Mi trovo molto bene con i canoni di un realismo magico molto soggettivo, legato alla mia storia e alle mie radici. Per questo nelle mie messinscene prediligo un’impostazione favolistica, artigianale e primigenia“.
– Enea Colombi
Siamo sulle rive del Po, il cielo è plumbeo e la nebbia offusca il paesaggio. Ad accompagnarci nella palude c’è un uomo, un anziano pescatore che ogni giorno cerca di catturare un mostro marino, che lo morse da bambino proprio su quelle rive. Al tempo del primo incontro il protagonista pescava con suo padre. Ora invece è solo, ma estremamente determinato a fare i conti con quella bestia. Questo è l’oscuro preambolo di una fiaba anticonvenzionale, che ci introduce fin dalle prime battute in un vortice di ossessione e rimorsi. Perché è così importante quella bestia? Che cosa lega queste due entità? Molte sono le domande, pochissime le risposte.
Le uniche certezze risiedono nella sicurezza con cui Enea è capace di restituirci i suoi temi e il suo stile: non abbiamo più dei giovani, non c’è più la Natura bucolica e manca completamente tutto quel fervore vitalistico degli altri lavori. Eppure queste componenti sono anche qui, nascoste dalla fitta nebbia padana e racchiuse nella regressione infantile della performance di Claudio Madia, attore protagonista del corto.
In linea le tematiche affrontate nel nostro numero attuale, il film ci porta a riflettere sugli ostacoli che affrontiamo ogni giorno, ma soprattutto sul concetto di avere uno scopo totalizzante nella vita e sul rischio di trovarsi svuotati quando questo viene poi a mancare.
Le forme cambiano, si evolvono, ma la sostanza resta la stessa. Così Enea, ispirandosi ai grandi registi contemporanei come Eggers e Aster, finisce per parlarci di sé, di come si barcamena tra lavoro e ritorno a casa, tra movimento incessante e stasi perturbante. Ma a differenza dei film di Aster e di Eggers, qui non si tratta affatto di espiazione, quanto di voglia di trovare la pace in se stessi.
“Considero Il giorno dopo un anello di congiunzione, una concatenazione di tutto quello che ho realizzato finora. C’è in questo lavoro un po’ tutto il resto, e anche nel mio prossimo cortometraggio parlerò di quattro ragazzi in una cornice dark, secondo l’impostazione che ho dato a questo corto“.
– Enea Colombi