Kayla Kleine: quando l’esigenza artistica rompe le sovrastrutture mentali di una società iper-razionale
Jim Morrison diceva che i sogni sono come le stelle, che basta alzare gli occhi per trovarli al loro posto, e la storia di Kayla Kleine ce lo conferma una volta di più. Nata a White Rock, una tranquilla cittadina balneare canadese nella Columbia britannica, fin da ragazza inizia a esprimere se stessa esplorando il realismo e poi l’astrattismo.
Sulla spinta di questa sua inclinazione intraprende un percorso di laurea in “arte e design” presso la Emily Carr University, dove trova la sua collocazione artistica nell’incrocio tra pittura e scultura dal momento che non sente di potersi accontentare di un unico mezzo tecnico per esprimere la sua visione.
Kayla è però insofferente perché è convinta che un approccio artistico alla vita non sia la scelta più responsabile nei confronti del suo futuro e della sua carriera lavorativa. Quindi dal 2019 abbandona ogni tipo di velleità artistica per concentrarsi sul razionale, sull’emisfero sinistro del cervello, mantenendo un approccio logico alla vita e uniformandosi di conseguenza a chi era intorno a lei, nella convinzione di poter avere una vita più tranquilla e – perché no – socialmente accettata.
Cambia vita e progetti, e in quattro anni consegue una laurea in Pianificazione Urbana riuscendo a mettere da parte quell’ingegno creativo che l’aveva accompagnata per una vita intera e arriverà addirittura a mentire agli amici sui suoi precedenti studi e il suo BFA. Si reinventa, iniziando anche a lavorare per il comune, ma eliminando l’arte dalla sua vita elimina anche la sua identità; finché non incontra un uomo, l’amore della sua vita, che iniziando a conoscerla accetta e soprattutto celebra quella parte creativa di cui Kayla era arrivata persino a vergognarsi.
Kayla viene spronata così a ricominciare a creare, a manifestarsi attraverso la sua arte, e lei si rimette in gioco, ma senza risultato. In un anno non riesce a creare niente di nuovo, lo sforzo compiuto per uniformarsi alla società aveva sortito un effetto tremendo: aveva funzionato troppo bene. Kayla ha paura che qualcosa si sia definitivamente rotto in lei e che quel suo talento sia andato perduto per sua stessa colpa. Nell’autunno del 2022 riesce però a completare il suo primo pezzo dopo oltre quattro anni di pausa, e lo fa fondendo concetti architettonici con le tradizionali tecniche artistiche, esplorando l’intersezione tra pittura e scultura, ancora una volta.
Da quella prima nuova opera la sua produzione non si è più interrotta, e così dopo tre mesi ha rassegnato le dimissioni dal suo lavoro governativo e ha abbandonato il master. Oggi è un’artista a tempo pieno, e questa primavera ha pubblicato una nuova collezione che ha esposto per la prima volta a Vancouver durante il mese di Aprile, composta da ritratti e paesaggi realizzati ovviamente in astratto.
Ora Kayla ha trovato pace, equilibrio interiore e ha imparato dopo questo lungo percorso a divertirsi di quello che fa, non curandosi del giudizio e senza nascondere il suo talento, senza preoccuparsi di cosa potrebbe ottenere, ma di come stare bene. Kayla è guarita, ha una visione chiara della sua vita e uno scopo che prima non c’era. Ogni nuova creazione è il riflesso dei suoi pensieri, della sua esperienza e dei concetti che l’hanno stravolta.