Dagli abissi misteriosi alle vette inesplorate: viaggi agli antipodi alla ricerca di sè
Il regista Andrea De Fusco racconta i luoghi che hanno ispirato i suoi film, dalla materna laguna veneziana, alle isole Eolie fino al lontano Himalaya
“Avere vent’anni e voler vivere un’avventura, partire alla ricerca di quello che la nostra immaginazione aveva disegnato, cercare qualcosa che faccia cadere la formazione razionale, cartesiana, della nostra individualità. Dubitare del mondo occidentale, tracciare un percorso, pensare ad altri possibili mondi e differenti vite“.
– Andrea De Fusco
Ascoltando queste parole pronunciate in francese nel Teaser di ‘Shambala’, mediometraggio del giovane regista Andrea De Fusco, non possiamo non pensare a quanto siano vere e sincere per qualunque viaggiatore parta alla ricerca di un’unica grande e introvabile meta: sé stesso.
Andrea De Fusco è abituato a raccontare la sua storia, e tutte le sue storie, attraverso le immagini.
È dalle immagini che scopriamo il suo amore per Venezia, città che non l’ha visto nascere ma che lo ha accolto dall’età di 10 anni; dice lui stesso che l’incontro con la città galleggiante ha segnato la sua vita che, purché costellata di viaggi ed esperienze, lo riconduce sempre tra le acque della laguna.
Dopo aver studiato cinema all’ESRA di Parigi e contemporaneamente al Dams di Roma, si sposta a New York per un anno, poi nuovamente tra Roma – sua città natale – e Parigi e infine, il ritorno a Venezia, casa sua.
Talvolta non c’è bisogno di ritrovare l’arte nella complicazione di ragionamenti impossibili, spesso l’arte è tra le cose della vita vera, è a casa propria.
È così che nasce ‘In Aquis Fundata’, il primo lungometraggio di De Fusco, realizzato tra il 2015 e il 2018, che affonda le sue radici nei fondali melmosi della città che tanto ama, raccontandone le persone vere che la abitano, i luoghi veri che la definiscono, le immagini reali che la rappresentano.
“Sono stato testimone di un mondo, di una città, che sta morendo e mi è venuta voglia di raccontare quella Venezia che non si vede“.
– Andrea De Fusco
Il racconto di De Fusco è su due piani, il sopra e il sotto. Sopra ci sono le persone reali che abitano la città solitamente invasa dai turisti, quelle persone che non vediamo, ma che la popolano, la curano.
La videocamera dell’autore segue principalmente cinque storie di veneziani i cui mestieri e la vita sono fortemente legati all’acqua: un maestro d’ascia, un pescatore, un operaio subacqueo, un pescivendolo e una vogatrice.
Poi c’è il sotto, parte integrante e fondamentale di una città che, dice la vogatrice nel lungometraggio: “l’hanno costruita per l’acqua”. I fondali di Venezia raccontano delle persone che l’hanno attraversata, raccolgono i resti dell’uomo della città, di tutti quei detriti di cui esso si libera e che Venezia ingloba e conserva nella sua anima più melmosa e buia.
L’anima di De Fusco risiede nell’acqua che è elemento della sua vita e dunque della sua arte, che sta non soltanto tra le calli di Venezia, ma anche affacciata sulle scogliere soleggiate delle Eolie.
Con ‘Omaggio a L’Avventura’, ancora una volta De Fusco esplora l’inesplorato ma lo fa al largo di un mare più a sud, esattamente sopra Lisca Bianca, a largo dell’isola di Panarea, lo scoglio diventato celebre per il famoso film di Antonioni, ‘L’Avventura’. Attraverso una serie di polaroid scattate con una vecchia macchina e fuori stagione, l’artista vuole mostrarci un modo diverso di vedere le cose: le Eolie come non le abbiamo mai conosciute, quando a popolarle era soltanto la natura e ad avventurarcisi soltanto intrepidi esploratori o addirittura pionieri delle prime riprese subacquee, che avvennero proprio in questi luoghi.
Dagli abissi del mare ci vuole soltanto un attimo per arrivare fin su le vette più alte da togliere il respiro, ed è proprio tra queste vette che tra il 2018 e il 2020 De Fusco va a ricercare se stesso intraprendendo due viaggi sull’Himalaya, quei viaggi per:
“cercare qualcosa che faccia cadere la formazione razionale, cartesiana, della nostra individualità.”
– Andrea De Fusco
Così, tra Ladakh, Kashmir e Himachal Pradesh, il regista incontra immagini lontane dalla sua essenza marina, accompagnato dai racconti dei più grandi esploratori che hanno attraversato queste terre tra XIX e XX secolo e guidato dalle storie e le impressioni di quei luoghi al confine del mondo.
Il secondo viaggio, però, sempre nelle stesse zone, a completamento della sua ricerca, si rivela una grande delusione. De Fusco torna al suo amato mare, abbandona tutto il materiale raccolto, sul quale rimetterà le mani, con un occhio totalmente inaspettato, soltanto un anno dopo.
Il regista non può far altro che chiedersi: “cosa vedrei in queste immagini se non avessi il ricordo di averle prodotte?”. Nasce così un nuovo viaggio, una scissione tra il viaggiatore del corpo e quello dello spirito, tra l’Andrea esploratore himalayano alla ricerca di se stesso e l’Andrea che guarda quelle immagini per la prima volta e ne ricostruisce la storia. Questo lavoro di scissione prende il nome di ‘Shambala’.
‘Shambala’è il film-saggio di De Fusco uscito nel 2022 con cui il regista ha partecipato a numerosi festival internazionali, ma è anche il termine con il quale il buddismo tibetano indica un antico regno misterioso, sacro e segreto situato a nord della regione himalayana. Il film è dunque una riflessione sulla scoperta, sul viaggio come atto di ricerca e sul materiale che questa ricerca produce, le immagini, i foto-ricordi.
Anche qui ritorna l’amata Venezia, come polo in completa antitesi con l’Himalaya. Se Venezia è la città ultra-rappresentata, catturata in maniera morbosa e ossessiva dall’occhio disattento dei turisti, che come dice De Fusco “si sta decomponendo in migliaia di immagini inutili e affonda sotto il peso delle sue rappresentazioni“, dall’altra parte c’è l’Himalaya, terra per eccellenza del silenzio, dell’ignoto, terra ai confini del mondo, nella quale, forse, è ancora possibile catturare qualcosa di inedito.
Il viaggio attraversa in lungo e in largo la vita di De Fusco, sperimentatore e ricercatore di bellezza nelle trame semplici e al tempo stesso complesse della vita, vicina e lontana, dagli abissi del mare fino alle vette più alte e inesplorate delle montagne.
A condurre il lavoro del regista non è dunque un fil rouge studiato e stabilito ma sono le esperienze di vita, l’amore per quei luoghi che ha attraversato e il desiderio di esplorarne di nuovi, come racconta bene l’ultimo cortometraggio di De Fusco, ‘Night Song of a Wandering Cowboy’, che ha visto il suo debutto l’estate scorsa al Lago film festival.
Si tratta ancora una volta di un viaggio esplorativo ma, in un mondo virtuale:
“Sfruttando un glitch ho spinto il mio avatar in territori non pensati per essere giocati, che pure sono stati creati dai programmatori. Qui si incontrano atmosfere, zone e oggetti carichi di mistero e surrealtà“.
– Andrea De Fusco
La continua ricerca nella comprensione delle immagini – non soltanto quelle prodotte ma anche quelle che risiedono inevitabilmente e indelebilmente nella mente di ognuno di noi, quelle immagini che riconduciamo a un luogo, a una persona, a una situazione – è la chiave dei lavori di Andrea De Fusco.
Il regista non si accontenta di proporci un cinema fatto di belle sequenze, ma ci invita ad interrogarci. Il suo è un cinema fortemente autobiografico ma che si traduce in un’autobiografia espandibile allo spettatore e ci permette di riflettere, come non avevano saputo fare finora, sul perché delle immagini e sulla loro necessaria e fondamentale presenza nella nostra vita.