Life in plastic it’s fantastic!
Rubrica a cura di Nicole Pizzetti
Partiamo dal fattore inquinante maggiormente conosciuto: la plastica. Basta entrare in un supermercato o in un negozio per capire quanta plastica inutile viene utilizzata ogni giorno per confezionare, riempire, conservare, abbellire, etichettare e chi più ne ha più ne metta.
A partire dagli anni cinquanta sono stati prodotti oltre 8 miliardi di tonnellate di plastica, pari al peso di 47 milioni di balene blu! Aziende come Nestlè, Unilever, Coca-Cola, Pepsi, Ferrero, San Benedetto, Colgate, Danone, Johnson & Johnson e Mars, hanno invaso la nostra vita quotidiana con la plastica e di conseguenza i nostri oceani, i nostri fiumi e i nostri laghi.
Beh a dire il vero ormai la plastica è veramente ovunque, soprattutto la microplastica (di recente trovata anche nella placenta di donne in stato di gravidanza). Infatti non voglio parlarvi della “normale” plastica riciclata male o non riciclabile, tipo bottiglie, cannucce e annessi. Vorrei parlarvi della plastica che non si vede, perché spesso sono le cose che di cui non ci accorgiamo che alla fine ci fottono.
Le microplastiche sono particelle di plastica, si chiamano così perché sono molto piccole e hanno un diametro compreso tra i 330 micrometri e i 5 millimetri. La loro pericolosità per la salute dell’uomo e dell’ambiente è dimostrata da ormai tantissimi studi scientifici, e indovinate dove si registrano i danni più gravi? Soprattutto negli habitat marini ed acquatici.
Ciò accade perché la plastica si discioglie impiegandoci diversi anni e fintanto che è in acqua può essere ingerita e accumulata nel corpo e nei tessuti di molti organismi. Tra cui noi.
Esistono anche particelle più piccole, chiamate nanoplastiche, ma date le dimensioni sono impossibili da campionare con le attrezzature oggi a disposizione. Ovviamente, una volta in mare, queste sostanze vengono ingerite dalla fauna, e indovinate chi ingerisce la fauna del mare? Noi. Tali inquinanti possono interferire con il sistema endocrino umano fino a produrre alterazioni genetiche.
C’è anche da dire che un notevole contributo alla plastica nel mare è dovuto alle reti da pesca, che disperdendosi uccidono la fauna marina, come vediamo dalle pietose immagini di ogni sorta di animale marino intrappolato in queste trappole mortali.
Infatti, per quanto io sia favorevole alla la direttiva 904 Sigle Use Plastic (Sup) varata dal Parlamento Europeo nel 2019 e alla “plastic tax (che entrerà in vigore da Gennaio 2022), penso che sia necessaria una misura seria nei confronti della pratica della pesca e dell’itticoltura.
Ma le microplastiche si diffondono anche a causa di altre abitudini umane quotidiane, molto più banali di quanto si possa pensare, come lavare i nostri vestiti. Eh sì, perché la maggior parte dei nostri vestiti sono fatti di? Plastica, ovvio.
Lo studio svolto nel 2011, dall’ecologista Mark Browne presso l’università di Dublino, mostra un fattore interessante e poco conosciuto. L’85% delle fibre presenti nelle acque erano materiali realizzati dall’uomo, soprattutto materiali sintetici realizzati con tessuti come il poliestere e l’acrilico. In questo studio Mark Browne ha dimostrato come un solo vestito sintetico possa rilasciare fino a 1.900 microplastiche quando viene lavato in lavatrice.
Cosa si può fare?
Oltre all’impegno politico che ognuno di noi dovrebbe avere pretendendo dal nostro governo misure vere e fulminee per contrastare questo fenomeno, ci sono tanti comportamenti e abitudini che, se adottati, potrebbero veramente fare la differenza.
- Via la plastica monouso! Basta plastica, per le feste dei nostri figli, parenti, nipoti ritroveremo questa meravigliosa arte del lavare i piatti e litigare per chi deve farlo;
- Borraccia. Scontato da dire, ma magari non per tutti;
- Spazzolino: passa allo spazzolino di legno/bambù;
- Cosmetici, controllate sempre. Sebbene una recente legge, vieta di utilizzare microplastiche nei prodotti cosmetici, è sempre meglio controllare gli ingredienti del prodotto. L’Onu stila un elenco di sostanze che indicano le microplastiche da individuare tra gli ingredienti dei cosmetici o dei prodotti per l’igiene: Polyethylene (Pe), Polymethyl methacrylate (Pmma), Nylon, Polyethylene terephthalate (Pet), Polypropylene (Pp).
- Non mangiare fauna marina, punto dolente per tanti, ma estremamente importante anche per un discorso di biodiversità ed etica quindi merita un approfondimento a sé in un altro capitolo.
- Comprare meno alimenti in plastica e prediligere lo “sfuso”.
- Prediligere abbigliamento in fibre naturali (cotone), inoltre esistono sacchetti per la lavatrice che “catturano” le microplastiche, questi aiutano ad attutire la quantità di microfibre che vengono rilasciate dai tessuti durante il lavaggio.
- Sapone solido, che riduce notevolmente l’uso di plastica dei prodotti da bagno e in generale di igiene personale, ma anche domestica come i prodotti per lavare le superfici.
- Raccolta differenziata corretta. Fondamentale, inutile a dirlo, ma anche qua aprirei un capitolo a parte su come vengono gestiti i rifiuti dal nostro paese…
Ci sarebbero altre migliaia di accorgimenti che ognuno di noi può far diventare la propria “nuova” abitudine per migliorare il nostro ambiente, e non solo.
To be continued….