Cristian Bragaglio: lettera di un content creator
Quello della quarantena è stato un periodo molto particolare, in cui il tempo è rimasto a lungo sospeso, in cui la vita, così come eravamo soliti condurla, è stata messa in pausa, e con essa l’ordinaria frenesia quotidiana. Molto di ciò a cui eravamo abituati è stato sovvertito, soprattutto quella realtà contemporanea sclerotizzata in cui spesso manca il tempo per capire e capirsi, per analizzarsi e ripensarsi. Questo rallentamento collettivo ha fornito la possibilità di riflettere più profondamente su sé stessi, sui propri obiettivi, sulle proprie priorità e ci ha permesso di dedicarci a certe attività e passioni in modo più continuativo. Certo è che questo isolamento forzato ha suscitato anche nella maggior parte delle persone un forte senso di solitudine. In questa situazione, dove siamo stati privati di un contatto umano e sociale, in cui si è sempre mantenuta viva la necessità di continuare ad interagire con gli altri tramite tutti i mezzi a nostra disposizione, la realtà virtuale è diventata un luogo di incontro fondamentale. Soprattutto durante il lockdown infatti i social network hanno rivelato le loro caratteristiche positive primarie: quella di costituire un’immensa rete di contatti fra le persone e quella di rappresentare un luogo alternativo al reale per diffondere le proprie idee, i propri interessi, i propri talenti.
Negli ultimi anni molti hanno iniziato ad esprimersi tramite queste piattaforme e per alcuni esse sono state un trampolino di lancio in cui trovare un impiego o uno spazio dove dare maggiore visibilità alle proprie creazioni, a sé stessi, e incrementare così il proprio profitto. Se pensiamo alla realtà lavorativa odierna questo aspetto non va sottovalutato. Le opportunità per i giovani sono oggi limitate e limitanti, spesso si fatica a trovare un impiego soddisfacente nella propria città e alcuni sentono l’esigenza di interfacciarsi con un panorama più ampio. Questi ultimi si buttano così sui social, i quali offrono possibilità alternative e permettono loro di raggiungere un pubblico e una clientela esponenzialmente maggiore facendo ciò che li appassiona.
Probabilmente la forza delle ultime generazioni sta proprio nel sapere sfruttare questi mezzi virtuali per rivendicare l’umanissima urgenza di esercitare un lavoro che risulti appagante e coinvolgente e per farsi strada verso un successo che è in primo luogo personale. Vogliamo dunque proporre l’esperienza di uno di questi ragazzi, e sarà proprio lui a raccontarcela in prima persona.
<<Mi viene chiesto spesso, come ho iniziato a fare tutto ciò ma praticamente nessuno mi ha mai domandato chi fossi e cosa facessi prima.
Non sono particolarmente legato al mio passato, non a causa di eventi spiacevoli, ma perché potendo scegliere preferisco focalizzarmi sul futuro, che è ancora incerto e si può dunque decidere di intervenire per modificarlo a proprio piacimento. Questa volta però vorrei usare proprio il passato per raccontare e rivivere la mia storia (sarò breve tranquilli).
Il mio avvicinamento al mondo artistico incominciò verso gli 11-12 anni, solo che in quel periodo non diedi molto peso a questo interesse, perché ero più concentrato sul piacere agli altri che a me stesso… ero un ragazzetto molto timido e quasi asociale. Non riuscivo nemmeno ad inserirmi tra i miei coetanei perché ai miei occhi avevano già tutti un carattere forte e stabile mentre io a confronto mi sentivo come un disegno in scala 1:1000.
Non avendo un computer, disegnavo spesso a mano e mischiavo lo stile realistico con quello astratto. Arrivato alle scuole superiori, decisi di andare in un istituto commerciale di Grafica e Comunicazione a Brescia. Ci ho impiegato 6 anni per uscire da lì. Odiavo la scuola. Però grazie a quel percorso di studi capii che l’arte era la strada giusta per me. E così abbandonai il disegno e con il primo computer iniziai a buttare giù qualche idea, a guardare tutorial sulla grafica e a seguire alcuni corsi di marketing e comunicazione.
Poi arrivarono i primi lavoretti, commissionati prima da amici, poi da amici di amici e infine da veri e propri clienti. Le paghe erano misere ma a me al tempo non importava. Crescendo però, iniziai a ragionare e mi resi conto che la mia città, Brescia, non offriva, e tutt’ora non offre, molte opportunità a livello lavorativo. Infatti mi ritrovai – non avendo molte conoscenze e possibilità – a fare svariati lavori, come ad esempio il barista, il magazziniere, il responsabile, il cameriere, il commesso. Ciò nonostante non misi mai da parte il mio vero obiettivo, che ormai non era più l’arte e basta, ma la comunicazione nell’arte (quella piccola parentesi studiata un po’ qua e là).
Ero – e sono dai – piuttosto bravo, mi piace trovare il modo giusto di dire le cose e con l’aggiunta di una parte artistica do il tocco finale. Ecco, arrivato a questo punto direi che posso finalmente rispondere alle domande che generalmente aprirebbero una presentazione: chi sono e come ho iniziato:
Mi chiamo Cristian Bragaglio, ho 25 anni e sono un Graphic Designer, Social Media Manager e Content Creator italiano. Mi occupo di creare contenuti grafici e fotografici per aziende e privati che vengono poi utilizzati per social network, siti web e/o campagne pubblicitarie. Realizzo loghi, locandine, flyer, ma anche layout di pagine web, video, fotografie e inoltre gestisco alcune pagine sui social network (Tik Tok, Pinterest, Instagram, per citarne alcuni).
A marzo 2020 durante il primo lockdown, in cerca di una svolta e dopo aver passato quasi quattro anni dietro le quinte, ho deciso quasi per scherzo di pubblicare alcuni dei miei lavori sul mio profilo Instagram.
Dopo un paio di mesi, ho iniziato ad avere il mio primo pubblico, una novità che per me è stata quasi surreale e che forse lo è ancora adesso. Non seguivo una via preordinata, appena mi veniva un’idea la buttavo giù e fine. Ora, invece, l’audience si è triplicata e nel percorso mi sono ritrovato a realizzare alcune collaborazioni per me importanti (con Giovanni Rana, Estathè Italia, Treedom, San Daniele).
Diciamo che, anche senza una linea da seguire, dentro di me avevo inconsciamente organizzato tutto nei minimi dettagli, ma non mi sarei mai aspettato che funzionasse veramente. Certo è che lo speravo. La pandemia ci ha tolto tanto, dal lavoro, alle relazioni sociali, fino alle persone a noi care, ma ci ha anche permesso di rallentare e ha portato alcuni a comprendere che forse era il momento adatto per riprendere in mano la propria vita e stravolgerla del tutto. Così è stato per me e questa è la mia storia, anzi, il mio primo capitolo>>
– Cristian Bragaglio